Portatori sani di partita IVA

Aprire la partita IVA è stata la cosa più saggia che abbia fatto nella mia vita. All’epoca, in realtà, non fu né una scelta coraggiosa né lungimirante. Fu piuttosto incosciente. La aprii senza sapere esattamente cosa stavo facendo, solo perché una persona mi aveva detto che sarebbe stato l’unico modo per lavorare per lei. Non la conoscevo nemmeno e non avevo neanche la certezza che poi mi avrebbe pagata (lo fece, per un certo numero di mesi). L’avevo trovata setacciando la rete a caccia di nuove opportunità, nonostante avessi già un lavoro che mi piaceva.

Fu un colpo di fortuna. Oggi sono una fiera partita IVA.

La considero una formidabile forma di semplificazione, uno strumento di libertà e di autodeterminazione del lavoratore.

Lo ammetto, dalla mia ho una sorella commercialista che rimedia amorevolmente alle mie mancanze (ma migliorerò, prometto!) e trova sempre la strada giusta per me. Ma al di là di questo non comprendo e non condivido il ritratto che i media fanno sempre del “popolo delle partite IVA”, trattandolo alla stregua di un branco di sfigati ai lavori forzati, massacrato dalle tasse e privato di diritti. Gli sfigati ci sono, come in ogni popolo. Come ci saranno sempre quelli che per ogni fallimento personale daranno la colpa al sistema. Ma poi ci sono anche i portatori sani di partita IVA, quelli che hanno deciso di farne uno strumento di conquista, più che di sopravvivenza.

Quando ho aperto la partita IVA non sapevo se e per quanto mi sarebbe stata utile. Nel periodo in cui sono stata dipendente l’ho tenuta e coccolata, come una porta aperta su un’altra dimensione. Ci sbirciavo dentro ogni tanto per capire come sarebbe stato dall’altra parte. Poi è diventata la mia principale fonte di guadagno.

Non invidio chi ha un contratto a tempo indeterminato. Le sicurezze non esistono più neanche in Vaticano (anzi). Il posto fisso è una chimera e sinceramente l’ho sempre rifuggito. Le tasse? Da partita IVA te ne accorgi di più perché devi pagarle personalmente, ma la verità è che siamo tutti in trincea. E’ una battaglia per l’autodeterminazione, per l’affermazione del proprio ruolo nella catena alimentare.

Oggi da libera professionista ho una serie di incarichi che solo pochi mesi fa non avrei neanche potuto immaginare. Tra qualche mese saranno probabilmente diversi. Magari tra qualche anno chiuderò la partita IVA per aprire finalmente un bar. Con una nuova partita IVA.

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