Ho partecipato a una “serata bendata” ed è stata un’esperienza hardcore

serata bendata

Ho partecipato a una “serata bendata” ed è stata un’esperienza hard. Questo non è un post vietato ai minori, non temete. La mia “esperienza sensoriale” non è stata hard nel senso porno del termine, ma forte senz’altro. Introspettiva fino a un certo punto, mistica insomma, curiosa tanto.

Si trattava di una “cena ad occhi chiusi”, pensata per provare ad assaporare il cibo in tutti i sensi, senza ricorrere a quello che usiamo più di tutti, la vista. Quindi olfatto, tatto, gusto, udito. Il tutto organizzato a Podere Castellare, ecoresort sulle colline vicino a Firenze sede di una microdistelleria che produce Peter in Florence, gin particolarmente aromatico grazie all’infusione di ben 14 botaniche. Per me che – da novella sommelier – non vedo l’ora di infilare il naso in un cespuglio di ginestre o nel primo rosmarino che incontro una goduria assoluta.

Di solito non parlo di cose che faccio per lavoro, ma questa è stata talmente particolare che ho voglia di raccontarla. Sapevo che l’intero “percorso sensoriale” avrebbe giocato su erbe, spezie, fiori e radici utilizzate per il gin, così come sapevo che saremmo stati bendati, ma non ero assolutamente preparata su tutto il resto.

Tutto è cominciato nel giardino, ultimo luogo che abbiamo potuto documentare con macchine fotografiche e cellulari. Poi il buio. E la parte divertente.

serata bendata podere castellare

Non lo nego, erano mesi che non passavo qualche ora lontana dal cellulare. Ecco: si può fare, basta una benda sopra gli occhi. Scordarsi per un po’ dei social e pure dei modi convenzionali con cui socializziamo a tavola è stato illuminante. Senza vedersi saltano tutti gli schemi, si riduce il numero di persone con cui riesci a parlare (tendenzialmente solo quelle che hai più vicino), impari a riconoscere altre modalità di comunicazione.

Il menu non ve lo svelo, perché parte del divertimento sta anche nel cercare di indovinare cosa hai nel piatto e nel bicchiere, scoprendo profumi, consistenze e temperature diverse. Ma la parte migliore per me è stato indagare i miei commensali, far caso a chi schivava il contatto e chi non aveva problemi a prenderti la mano.

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Passato lo sgomento iniziale ti rendi conto che a occhi chiusi si mettono a fuoco meglio certe cose. Riesci comunque a capire chi sta parlando con te, quanto è vicino mentre ti parla o se è rivolto verso qualcun altro. Può sembrare incredibile, ma riesci a sentire la presenza di una persona vicina, anche se sta zitta dietro di te, e talvolta pure a intuire di chi si tratta. Se ti concentri sulle voci, fai caso a inflessioni ed espressioni particolari a cui non avevi mai prestato attenzione, ma che identificano le persone più dei gesti e delle espressioni del viso. Ti rendi conto di quanto conosci o non conosci i tuoi commensali. Via via ti fai un’idea dello spazio intorno a te e dell’aspetto che può avere: quanto è grande la stanza, dov’è la finestra, da che parte arrivano le portate. Mangiare non è sempre semplice (consiglio bavaglio a chi come me si sbrodola implacabilmente anche a occhi aperti), trovare i bicchieri può essere un’avventura durante una serata bendata. Ma ne vale assolutamente la pena. I dettagli vi auguro di scoprirli da soli.

Tutte le foto sono di Luca Managlia

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