Viva la libertà. Anche di cambiare identità

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L’altra sera, grazie al consiglio di un amico, ho visto “Viva la libertà”, film del 2013 con Toni Servillo oscurato dal più noto “La grande bellezza”, uscito nello stesso anno. “Viva la libertà” passa per essere un film politico, in molti ci hanno visto una rappresentazione dei travagli del Pd e per questo motivo ero un po’ titubante sulla riuscita finale (o sull’effetto che avrebbe avuto sul mio umore).

Invece “Viva la libertà” per me è soprattutto un film sull’identità, sul tema del doppio e su come sia facile, in assenza di prove inconfutabili, sostituirsi ed essere sostituiti in ogni campo della vita. Da “Il fu Mattia Pascal” in poi, è un tema che mi ha sempre affascinata. Confesso che ogni volta che passo su un ponte sono tentata di buttare nel fiume la borsa con tutto ciò che mi lega alla mia identità, per vedere che effetto fa inventarsene una nuova. Cosa siamo, in fondo, senza il nostro nome, senza le chiavi di casa e il passaporto digitale che è diventato lo smartphone? Chi può dirlo? Chi sarebbe pronto a testimoniare per noi, che siamo noi, che sa chi siamo? 

Nessuno è veramente unico, nessuno è veramente uno solo, non possiamo dire di conoscere veramente nessuno.
La storia del fratello pazzo che prende il posto del gemello “normale”, salvandolo da una inarrestabile discesa agli inferi, mi ha indotta a chiedermi qual è il confine tra un gesto folle e un gesto coraggioso. Mi capita sempre più spesso di domandarmi quanto sia giusto aderire a certe regole sociali, in nome di ciò che chiamiamo coerenza.

“Viva la libertà” è un film sulle scelte, le sliding doors che si aprono e si chiudono nella vita. Ma anziché trasmettere il messaggio che “avresti potuto avere un’altra vita se in quel momento avessi preso quell’altra strada”, mi ha fatto arrivare a una conclusione diversa: che dobbiamo smettere di pensare a come sarebbe stato se e cominciare a valutare tutte le altre possibilità che abbiamo davanti per cambiare la nostra vita. E quella degli altri.

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