Colloqui di lavoro assurdi – parte seconda

colloqui di lavoro assurdi

Qualche tempo fa ho scritto del colloquio di lavoro più assurdo che mi sia mai capitato. Ma da allora il mio cv in fatto di colloqui di lavoro assurdi si è arricchito di un bel po’ di esperienza. Forse è proprio vero che il colloquio di lavoro più assurdo che mi sia mai capitato è quello che deve ancora succedermi. Ma nel frattempo li ho suddivisi in cinque tipologie.

1. Quello che ti vuole assumere per forza

Forse sarà come dice mia sorella – che è anche quella che mi tiene i conti e si preoccupa che non vada in fallimento – forse è solo questione di prezzo. O forse no. Per me è questione di carattere. Sventolami sotto il naso un contratto a tempo indeterminato e mi vedrai fuggire a gambe levate. Ma scusate, non si era detto che saremmo finiti tutti a partita IVA? Perché volete far firmare proprio me che mi sono già attrezzata? Sì, magari tra qualche anno finirò al circolino a lamentarmi delle tasse, ma sarò in buona compagnia. Non è che non voglio lavorare per voi, è che lavoro meglio in autonomia. Più lunga è la corda e più alto vola l’aquilone. No?

2. Quello che ti propina tutti i successi dell’azienda

Molte volte in sede di colloquio di lavoro mi è capitato di pensare: ma sono loro ad esaminare me o il contrario? Non è una cosa rara: ti convocano per un colloquio e poi cominciano a propinarti tutta la storia dell’azienda, dalle gesta del padre fondatore all’ultimo venditore premiato con la giacchetta rossa. E quanti affari abbiamo lì e come stiamo andando bene di là e quante opportunità ci sono qui e là. E insomma quale onore sarebbe per me lavorare con loro. Però quasi gratis. Perché la gloria, si sa, non ha prezzo.

3. Quello che ne approfitta per una seduta di analisi

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Una variante sul tema rispetto alla versione precedente è il colloquio di lavoro che si trasforma in una seduta dallo psicologo. Nell’ipotesi A è il colloquiante che ne approfitta per fare un po’ di autoanalisi e ripercorre errori, svolte, opportunità mancate e scelte prese nel corso della sua carriera. Il candidato ha solo la mera funzione di ascoltare e ogni tanto annuire o scuotere la testa in segno di comprensione. Un colloquio così può anche sfociare in un’assunzione, se ci si mette la giusta dose di empatia. Nell’ipotesi B è il candidato che si infogna in uno stream of consciousness senza capo né coda. A seconda dell’interlocutore il discorso può prendere la via dell’ideologia, della politica o dell’astrologia. Nella maggior parte dei casi da un colloquio di lavoro del genere si uscirà disoccupati, ma molto più consapevoli. E pensare che è anche gratis.

4. Quello che non sai se sta cercando di sedurti

Un’altra variante sul tema è il colloquio di lavoro che si trasforma in una sorta di corteggiamento più o meno inconsapevole. E’ un terreno scivoloso, ma esistono varie tattiche per rimanere in piedi. Tipo: alzare la posta e osservare la reazione. Se il potenziale datore di lavoro sta solo flirtando probabilmente batterà in ritirata.

5. Il professionista dei colloqui di lavoro assurdi

Ci sono quei colloqui in cui la persona che hai davanti dice inevitabilmente tutte le cose giuste per farti scappare più in fretta possibile. E poi c’è lui, il professionista dei colloqui di lavoro, quello che appena ti siedi ha già capito di che pasta sei fatto e cosa mettere sul piatto per farti rimanere incollato alla sedia. Appuntamenti su e giù per l’Italia, viaggi in lungo e in largo per l’Europa, capatine oltreoceano, ritmi di lavoro stressanti, interlocutori internazionali, sfide impossibili, personaggi improbabili, prodotti impensabili: fammi annusare anche solo uno di questi ingredienti e comincerò a scodinzolare come un labrador di fronte alla busta dei croccantini. Offrimi condizioni di lavoro rassicuranti e mi sgonfierò come un palloncino. Come fai a pensare che potrei essere felice senza un po’ di sano stress? Errori di valutazione che non capitano al professionista del colloquio di lavoro. Scopre il tuo punto debole e ti ammalia come il più abile dei dongiovanni. Per poi lasciarti a marcire nel backoffice come gli altri.

Nelle foto: opere di Paolo Maione, SENZA TITOLO e CIUCOPLITA, 2015, maiolica. Fino al 12 novembre 2016 in mostra a Firenze, all’Accademia delle Arti del Disegno 

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