Le distanze (non) contano

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Le storie d’amore a distanza sono il nuovo nero. Il lavoro a distanza è un concetto così scontato ormai che non ci si fa più caso. Le aziende agricole e gli allevatori vengono direttamente a casa a consegnarti la tua spesa a km zero, che tanto zero non è. Le serie tv vengono trasmesse in tutto il pianeta nello stesso momento e nella stessa lingua. Sarà che il mondo contemporaneo si è fatto più stretto, grazie a Internet, all’Alta Velocità e a Ryanair. Ma è proprio vero che le distanze non contano?

Guardatevi in giro e ditemi quante relazioni a distanza riuscite a contare.

Situazioni che fino a pochi anni fa erano al limite del sostenibile oggi sono all’ordine del giorno. Anzi, sono quasi meglio della norma. Se fino a qualche tempo fa vedevi giovanotti accampati sui divani dei suoceri per intere settimane, ragazze attaccate al telefono a giornate e pubblicità di tariffe per le interurbane, oggi questo mondo non esiste quasi più. E’ stato spazzato via insieme alle cabine del telefono e le cassette delle lettere.

Chiedere il trasferimento in un’altra città per ricongiungersi con il partner è diventata una situazione da film anni ’70 o un privilegio riservato a pochi eletti, confinati in piccole nicchie che hanno resistito all’incombere dei tempi moderni.

Oggi il lavoro si piglia dov’è. E senza pensarci due volte.

E’ diventato normale organizzarsi la vita in maniera nomade: un incarico qui, uno là, i genitori giù, moglie o marito su.

La nostra è una vita a geometria variabile, ti ricostruisci casa e famiglia giorno per giorno e città per città.

E’ così che è diventato più facile accettare le storie a distanza. Non tanto perché sia diventato molto più semplice, veloce o conveniente spostarsi in Italia e all’estero. Quanto perché ci abbiamo fatto il callo. I treni regionali ritardano sempre o sono in sciopero, la Fipili è sempre murata nelle ore di punta, il casello ti saluta gioioso in fondo al tunnel chiedendoti un salasso. E se vuoi attraversare gli Appennini sui binari o ti appelli al trenino a vapore della fiera del marrone o paghi l’equivalente di un rene. Eppure ci siamo abituati all’idea che per sopravvivere dobbiamo correre da una parte all’altra in continuazione.

Skype, whatsapp e le mail ci hanno illuso che avremmo potuto lavorare da qualunque posto e c’è gente che pretende di seguire il profilo Facebook della macelleria di quartiere dal New Mexico dove si trova a fare un master. Funziona?

Dipende dal partner o dal cliente.

Sul lavoro può capitare che per risolvere un problema da un minuto ci vogliano 15 mail e due chiamate intercontinentali. In amore può succedere che si incolpi l’altro per abitare a qualche km di distanza. Ma come ci insegnano decenni di produzione cinematografica, la distanza non sarà mai un ostacolo insormontabile per chi vuole stare insieme.

Forse, in entrambi i casi, è solo questione di equilibrio: nessuna distanza è mai eccessiva, finché non si trasforma in una distanza di sicurezza tra noi e la vita che vogliamo. In quel caso, meglio premere l’acceleratore e lasciarsi dietro i chilometri.

Nella foto di copertina: Eva e Franco Mattes, “Image search result”, 2016

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