Cosa ce ne facciamo della libertà

libertà

Libertà. Ho riflettuto molto sul significato di questa parola negli ultimi giorni. Che significa essere liberi? Essere padroni della propria vita? Essere abbastanza autonomi da fare le proprie scelte? E in che senso autonomi? Essere indipendenti economicamente, sentimentalmente, mentalmente?

Per quanto ci piaccia definirci persone libere e indipendenti (specialmente a noi donne contemporanee), l’umanità non lo è affatto. Le persone sono strettamente interdipendenti. Siamo animali sociali, viviamo in branco e – fatto salvo il caso dell’ultimo soldato giapponese ritrovato nella giungla – da soli saremmo condannati a vita breve.

Il senso comune occidentale ci dice che siamo molto più liberi adesso di un tempo, quando tutto era ingabbiato nelle regole della religione o dello Stato. Ma è davvero così? O abbiamo solo più opzioni tra cui scegliere per schiavizzarci, magari in combinazione o in sequenza? Allora essere liberi significa solo poter scegliere da cosa o da chi dipendere. Ma se il “chi” in questione non fa la stessa scelta non siamo liberi ugualmente. Si torna al vecchio adagio: la tua libertà finisce dove comincia quella dell’altro.

Forse la libertà non esiste, è un sogno irraggiungibile, un miraggio, un’utopia, una di quelle cose che appena arrivi a toccarle si scompongono e scompaiono. O peggio: una di quelle mete che quando le hai raggiunte scopri che non erano veramente importanti e anzi, non te ne importa più niente e la baratteresti per tutte le dipendenze del mondo.

Forse non dobbiamo augurarci di essere liberi, ma di essere felici con le nostre dipendenze.

In copertina: Look Cook Look, Vanuatu 2015 © Scarlett Hooft Graafland

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *