Sono stata a cambiare la batteria a un paio di orologi che erano fermi da tempo. Non è una grande notizia, mi rendo conto. Ma la mia orologiaia di fiducia, quella a cui affido i miei più preziosi (sentimentalmente parlando) gioielli, mi ha stupita con una metafora di vita: “Non lasciare gli orologi fermi troppo a lungo, sono come noi: non è detto che poi riescano a ritrovare il ritmo”. Già. Ci ho riflettuto molto su questa condizione ultimamente. A volte la vita ti impone delle pause. Non sempre le hai cercate, ma quasi sempre ti trovano perché ne avevi bisogno. Se sei abituato all’adrenalina quando succede puoi essere assalito dall’orrore: che accadrà se mi fermo un attimo? E se poi non riparto più? Ma soprattutto: se poi scopro che non voglio ripartire? Cosa c’è oltre? Terrore assoluto.
Non credo che ci sia un rischio reale nel fermarsi un attimo a bordo strada. Come per gli orologi, basta un’aggiustatina. Un po’ di pazienza, talvolta la sostituzione di qualche componente esistenziale ma niente di irreparabile.
Però è possibile che durante questa operazione ci settiamo fuori tempo. Che cos’è il tempo? Davvero un’invenzione umana per costringerci in orari e tabelle e scadenze oppure c’è un senso più profondo?
Nei tarocchi c’è un arcano che simboleggia il tempo e non a caso è una ruota che gira. Galleggia, in realtà, in equilibrio precario, sospinta da diverse forze e da diverse concezioni del tempo, generando, in questo movimento continuo e a più velocità, un generale cambiamento.
Su quale asse ci muoviamo? Il tempo lineare, il tempo sociale, il tempo assoluto? Forse quando saltiamo da un livello all’altro si verifica questo straniamento, questa sensazione di aver perso (il) tempo. Ma ci stiamo solo “aggiustando”, stiamo passando allo stadio successivo. Forse riconoscendo che stiamo facendo questo salto quantico possiamo ritrovare il ritmo. E tornare a suonare, ballare e scrivere una nuova musica.