No, The Gilded Age non è l’ennesima serie sull’American Dream. È una serie che parla a tutti quelli che hanno bisogno di sognare ancora, in un’era sempre più arida, spietata, omologata, dove spesso ci sentiamo numeri, con precise caselle da sbarrare, destini già scritti, storie che non ci appartengono, a cui dobbiamo solo decidere in che modo conformarci. L’ascensore sociale si è rotto, la scala mobile l’abbiamo smantellata da un po’. Andiamo in ordine sparso, senza allontanarci troppo dal sentiero, con la sensazione di non avere l’attrezzatura adeguata per addentrarci nella giungla da soli. Ci convinciamo di non avere la preparazione fisica né mentale per sopravvivere a lungo, in caso ci dovessimo perdere. Ci ripetiamo che quelli prima di noi avevano risorse diverse e migliori. Ma forse avevano solo più fame o più fantasia.
The Gilded Age non racconta di un particolare momento storico, anche se così potrebbe sembrare, fin dal titolo. Racconta di una condizione esistenziale. Lo scontro generazionale, il superamento dell’innovazione sulla tradizione, l’importanza delle radici e la forza di andare oltre.
Il sogno americano o il sogno di tutti?
Ognuno può fare la storia, ognuno può fare la propria storia. Può arrivare dove vuole, con la determinazione e sì anche con i soldi. Ma i soldi non derivano dalla determinazione? Talvolta sì.
È necessario conoscere le regole, per sovvertirle, seguire il proprio ordine interiore per non tradire se stessi. Prendersi delle soddisfazioni, ma anche accettare le proprie responsabilità e il proprio ruolo. Si può arrivare ovunque, a patto di non scordarsi la propria umanità. Elevare la propria condizione: non è questa la missione dell’umanità dall’alba dei tempi? Fatti non foste per viver come bruti.
Le opportunità esistono, seguire i propri sogni è la chiave. Non è necessario che siano sogni di eterna gloria, possono essere anche piccoli, sogni tascabili, da comodino. Eppure un piccolo sogno ci può cambiare la vita. Tutto può cambiare, da un momento all’altro, siamo padroni della nostra esistenza. E la nostra esistenza può essere ispirazione per tanti altri, può realmente cambiare la storia.
È il sogno americano o il sogno di tutti? A maggior ragione in un momento come quello che stiamo vivendo, con una seconda presidenza Trump spesso spiazzante per noi europei, mi domando quanto ancora possiamo imparare dall’America. O in quale misura non siamo noi stessi l’America.